Tesi2 - Karate Sport per Tutti

Vai ai contenuti
TESI IV DAN

Comparazioni, similitudini e differenze nell’esecuzione delle tecniche a mano chiusa in palestra (Non Agonisti e Amatori) ed in gara Agonisti


INTRODUZIONE

L’argomento della tesi è focalizzato sulle tecniche di braccia a mano chiusa, con particolare riferimento alle comparazioni, similitudini e differenze nell’esecuzione delle stesse da soggetti Non Agonisti, Amatori ed Agonisti.
Appare evidente che la diversa connotazione del destinatario discente comporta una differenziazione nell’impostazione all’apprendimento di dette tecniche, nella differente metodologia applicata e non ultima nella motivazione con la quale dette tecniche vanno eseguite.

Vista l’ampiezza dell’argomento trattato si è scelto volutamente di soffermarsi su poche e determinate tecniche, tralasciando per esempio tutte le parate (uke) e le tecniche di minor uso o studiate ed applicate in palestra come bagaglio informativo tecnico od ancora specifiche di alcune forme di kata. Le tecniche trattate rappresentano comunque parte fondamentale dell’insegnamento del karate agonistico e non agonistico attuale.

Trattiamo qui tre differenti figure con caratteristiche peculiari profondamente diverse tra di loro: gli atleti non agonisti, collocati in fascia di età scolare o addirittura pre-scolare, atleti agonisti i quali si presuppone abbiano già sviluppato almeno in parte le abilità motorie necessarie e gli amatori che rappresentano una realtà a se stante con caratteristiche disparate ed estreme a seconda che si tratti di individui ex agonisti o di individui che si sono affacciati da poco tempo alla pratica del karate; i primi più vicini come comparazione agli atleti agonisti ed i secondi agli atleti non agonisti.

Queste tre differenti tipologie di discenti sono sicuramente accomunate dall’apprendimento dei fondamentali del karate, che seppur sensibilmente diversi tra di loro, non tanto nell’esecuzione, quanto nella motivazione dell’applicazione, rappresentano il fondamento stesso per poter comprendere ed effettuare efficacemente il movimento atletico specifico richiesto dalla disciplina del karate.

Questa tesi è impostata principalmente sulle esperienze personali e sugli insegnamenti ricevuti e messi in pratica dalla sottoscritta esaminanda, facendo particolare riferimento ai testi federali sull’argomento ed alle recensioni in materia, ma con spiccato atteggiamento di riflessione ed approfondimento personale e ragionato e non di mera ricopiatura di trattati scientifici provenienti da illustri docenti.

LE TECNICHE DI BRACCIA A MANO CHIUSA

Nella stesura della presente tesi si sono prese in considerazione le tecniche di maggior uso e rilievo nel karate agonistico, non agonistico e amatoriale. Si può tranquillamente affermare che in tale ambito le tecniche sotto trattate e le loro combinazioni ed interazioni rappresentano la quasi totalità del bagaglio tecnico di ogni frequentatore delle palestre di karate, comunemente ed attualmente in uso.

Nella fase di combattimento e per la gestione dello stesso, nella fase pre agonistica ed in quella amatoriale trovano ampia possibilità d’applicazione le tecniche di braccia e tra queste spiccano in modo abbastanza evidente le tecniche di gyakutsuki e kizamitsuki ed uraken.

Sono tre tecniche che possono essere utilizzate sia in fase di difesa o meglio di interdizione, che in fase di attacco, sia singolarmente che in combinazione tra loro o con aggiunta di tecniche di gamba quali appunto mawashigeri o uramawashigeri.

Le tecniche sopra citate, pur essendo altamente specifiche e di non facile esecuzione, una volta correttamente impostate, allenate e velocizzate diventano valido strumento per ottenere punteggio in quanto ben visibili, talvolta acrobatiche e di agevole controllo, caratteristiche essenziali alle quali, in riferimento all’esecuzione da parte di atleti agonisti, gli Ufficiali di Gara rivolgono la massima attenzione, unitamente agli altri criteri tecnici di giudizio (buona forma – vigore di applicazione – comportamento sportivo – tempestività – zanshin e distanza corretta). Sono per gli atleti non agonisti la base di partenza più agevole per la corretta impostazione di un allenamento costante e segmentarlo in vista dell’eventuale sbocco all’attività agonistica e per gli amatori tecniche solitamente meglio accessibili, sia dal punto di vista fisico (abilità motorie), sia da quello condizionale e coordinativo in quanto predisponesti a maggiori impegni psico-fisici.
Il Gyakutsuki (pugno diretto in avanti con partenza dalla parte corrispondente alla gamba arretrata) è una tecnica di pugno portata solitamente in posizione di zenkutsudachi o hammizenkutsudachi, con rotazione a chiusura dell’anca corrispondente e blocco della tecnica al momento del suo arrivo a bersaglio, al fine di aumentarne la potenza.
Il Kizamitsuki (pugno diretto in avanti con partenza dalla parte corrispondente alla gamba avanzata) con veemente spinta del corpo in avanzamento ed extra rotazione dell’anca e blocco della tecnica all’arrivo a bersaglio; derivati da questa tecnica sono il Juntsuki, stessa tecnica con partenza da fermo ed oitsuki con avanzamento ed oitsuki oikomi (partenza anticipata della tecnica di pugno seguita dall’avanzamento della posizione della gamba).
L’Uraken è una percossa (uchi) con pugno rovesciato in avanti che carica all’altezza della spalla opposta al braccio che la effettua, con estensione a frusta in avanti verso il bersaglio e ritorno immediato alla posizione di partenza.

TECNICA D’ALLENAMENTO KIZAMITSUKI , GYAKUTSUKI E URAKEN

Parte essenziale intimamente insita nella metodologia di allenamento di qualunque tecnica e per qualunque tipo di attività sportiva è il corretto allenamento dei presupposti coordinativi e condizionali ossia rispettivamente la facilità di azione che dipende dalla memoria, ossia dal Sistema Nervoso Centrale e la forza, la rapidità e la resistenza per quanto riguarda le condizionali. Appurato che quanto sopra sia stato debitamente sviluppato e sia già parte del bagaglio psico – fisico dell’atleta occorre proseguire l’allenamento di queste abilità indipendentemente dall’età e sesso dell’atleta, si possono programmare giochi con la palla che contribuiscono alla discriminazione percettiva basata nel caso specifico con le mani per contribuire ad un’azione oculo – manuale. Quindi una preparazione fisica di base con attività che allenino le capacità coordinative e condizionali. Infine si potrà iniziare la preparazione tecnica finalizzata all’obiettivo proposto.

Prima di passare a descrivere le modalità d’allenamento puramente mirate alla fase di combattimento per gara di kumite, diamo una descrizione di come si imposta il lavoro di preparazione all’esecuzione di queste tecniche.
Considerando che l’attività agonistica di kumite è consentita ad atleti in possesso del grado minimo di cintura marrone, tralasciamo quelli che sono i fondamentali sull’esecuzione delle tecniche, mirati a descrivere il lavoro di braccio e pugno chiuso e le traiettorie che gli stessi devono compiere per generare la tecnica, considerandoli elementi consolidati del bagaglio tecnico che deve possedere una cintura marrone, elementi che comunque vanno costantemente ripresi e perfezionati durante tutta la fase preparatoria dell’atleta e per tutta la sua carriera agonistica.

Nel Kumite bisogna sempre partire da un allenamento di base che consiste in un’impostazione corretta di guardia che consenta rapidi spostamenti in tutte le direzioni, un’impostazione corretta delle braccia nei movimenti di parata al fine di raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo e ridurre il più possibile eventuali attacchi o contrattacchi avversari con spostamenti minimi che non è possibile eseguire con le tradizionali parate di Karate. Tali spostamenti inoltre favoriscono e sono propedeutici alla preparazione ed alla effettuazione di tecniche di spazzata (ashibarai).

Kizamitsuki , Gyakutsuki e Uraken possono essere utilizzati come attacco diretto, a seguito di una parata, di rimessa o di anticipo ed in fase difensiva come disorganizzazione e disturbo della fase di attacco avversaria, sotto forma di finta di attacco o vera e propria rottura di distanza quando la tecnica è supportata da una fase di avanzamento tempestivo nella guardia avversaria.

La tecnica diretta d’allenamento deve portare l’allievo a saper:
- dirigere e controllare il movimento
- adattarlo e trasformarlo secondo le esigenze situazionali
- apprendere in ogni momento.
Il tutto servirà a dare all’allievo la conoscenza di base delle tecniche di combattimento alle quali dovranno poi essere abbinati, per gli atleti agonisti, allenamenti dei carichi massimali, supercompensazione, controllo della frequenza cardiaca e tattica di combattimento con conseguente preparazione psicologica.

Lo sviluppo della tecnica è influenzato da:
- capacità coordinative: equilibrio, destrezza, precisione, variabilità
- capacità condizionali: forza, resistenza, rapidità o velocità
- mobilità articolare: necessaria per i due tipi di capacità
- capacità tattiche e qualità psicologiche: strategia e scelta del tempo.

Le capacità coordinative consistono in breve nelle capacità di finalizzare e controllare, di adattare e trasformare e di apprendere azioni motorie. Nello specifico occorre quindi sviluppare le capacità di combinare ed accoppiare tecniche, sviluppare l’orientamento spazio temporale, differenziare in base alle diverse situazioni, sviluppo dell’equilibrio statico e dinamico, sviluppo della capacità di reazione motoria e di trasformazione del movimento.

Le capacità condizionali nel dettaglio consistono in caratterizzazioni funzionali quali la forza massimale, resistente e rapida, la resistenza di lunga, media e breve durata, resistenza alla velocità ed alla forza ed infine la rapidità massimale, forza rapida e resistenza alla rapidità.

Un ruolo fondamentale in questo contesto è ricoperto dall’allenamento dei cosiddetti analizzatori (visivo, acustico, vestibolare, cinestesico, tattile e con conseguente allenamento delle capacità percettive ed addirittura precognitive, riferendosi in quest’ultimo caso alla sensibilità di prevedere le azioni che l’avversario porrà probabilmente in essere.

Nelle classi non agonisti ed amatori, invece, riveste grande e fondamentale importanza l’insegnamento dei fondamentali sull’esecuzione delle tecniche, mirati a descrivere il lavoro di braccio a pugno chiuso e le traiettorie che gli stessi devono compiere per generare la tecnica, nella corretta postura e col la corretta potenza, kime, distanza e giusta scelta di tempo.

METODOLOGIA DI ALLENAMENTO

Per metodologia si intende quel meccanismo che consente di organizzare e programmare l’allenamento.
Andremo ad allenare:
la precisione che si esprime con l’esatta impostazione della tecnica
la rapidità cioè la capacità di reazione e trasformazione che si allena attraverso l’esecuzione di esercizi in fretta
la dinamicità che si allena con esercizi di spinta e spostamento arti inferiori
la variabilità o capacità di adattamento che si allena con variazioni dell’esecuzione motoria (in alto, in basso, avanti, indietro, a destra a sinistra).

Diamo per scontata la fase di lavoro generale negli atleti agonisti che deve essere comunque adempiuta e senza della quale ogni conseguente sforzo sarebbe nullo od inefficace e qui parliamo della valutazione del livello di partenza dell’allievo, della formulazione degli obiettivi, della scelta dei mezzi o esercizi di lavoro e relativi metodi reali di allenamento, con le adeguate verifiche periodiche intermedie e la corretta sollecitazione delle motivazioni primarie (gioco e agonismo) e secondarie cioè le variabili determinate dalla personalità dell’individuo. Fase di lavoro che deve invece essere segmentaria, puntuale e verificata negli atleti non agonisti e negli amatori.
Da tenere sempre presente di impostare gesti motori compatibili dal punto di vista fisiologico e biomeccanico e dei giusti carichi di lavoro e relative periodizzazioni, tenendo in evidenza la differente tipologia di allievo alla quale si trasmette detta conoscenza.
Occorre per esempio tenere presente che essendo il Kumite agonistico di karate, sport di significato qualitativo e situazionale occorrerà mettere in evidenza i parametri di quantità, intensità e difficoltà del gesto atletico in allenamento; oppure nel caso di atleti pre-agonisti o non agonisti è fondamentale lo sviluppo della mobilità articolare e della coordinazione del movimento ed infine per gli amatori è essenziale l’aspetto di recupero funzionale, in alcuni casi, o di consolidamento e mantenimento delle abilità acquisite in passato.
La differente motivazione si trasmette direttamente quindi sulla metodologia di allenamento e sulle sue differenti fasi.

Sono tenuti nella massima considerazione i periodi essenziali dell’anno sportivo dell’atleta Agonista:
- periodo preparatorio: per l’innalzamento delle prestazioni e delle capacità funzionali generali dell’organismo, ivi compreso l’aspetto tattico
periodo agonistico: dove si perfeziona il lavoro fatto in precedenza con preferenza per l’intensità rispetto alla qualità
periodo di transizione: o di riposo dall’attività agonistica, nel quale và mantenuta una certa attività fisica anche se non attinente allo sport praticato per non perdere del tutto la condizione fisica.

Sono essenziali invece gli approcci dapprima sulla mobilità articolare e sulla coordinazione generale per gli atleti pre-agonisti o non agonisti:
preparazione atletica non specifica
ripetizione del gesto atletico in svariate modalità
apprendimento dei fondamentali
consolidamento strutturale e psico-fisico del soggetto

Passiamo ora ad analizzare il percorso d’allenamento di base nelle diverse tipologie di soggetti:
AGONISTI
Particolare importanza va attribuita all’uso dell’anca durante la tecnica di gyakutsuki, sia esso d’attacco che di difesa o rimessa su attacco avversario.
E’ infatti mancanza comune a buona parte degli atleti in fase d’approccio all’agonismo,l’utilizzo dell’anca in chiusura sulla spinta dell’arto inferiore arretrato nell’esecuzione della tecnica di gyakutsuki. Oltre al giusto posizionamento sagittale del piede in spinta per l’ottimizzazione della stessa.
Questi problemi devono essere affrontati sin dall’inizio dell’attività, dapprima non necessariamente mirati alla tecnica di braccio, ma intravisti come gesti motori che servono a dare scioltezza ed elasticità di movimento alla parte interessata dell’anca ed esplosività in fase di avanzamento.
Il lavoro sarà poi inserito in un contesto di kumite dimostrativo, quando il giovane atleta apparterrà alla fascia ragazzi ed inizierà le prime esperienze di kumite da gara, all’interno del circuito della manifestazione combinata gioco sport karate, riservato appunto alle classi giovanili sino ad ES.”A”.
Il passo successivo sarà infatti quello delle gare di kumite per classi superiori, dove l’atleta deve essere già in possesso dei requisiti di base che permettono l’uso corretto dell’anca in chiusura sull’esecuzione della tecnica di gyakutsuki.
Impostata correttamente la tecnica individualmente sia essa Kizamitsuki o Gyakutsuki, si può iniziare lo studio della tecnica applicandola sul compagno d’allenamento.

Dapprima si eseguirà come detto prima lo studio della postura di guardia idonea a permettere sia l’uso delle braccia che delle gambe.
Sara compito del tecnico dare tutte le informazioni atte a far si che l’atleta entri in possesso di una guardia corretta sia al movimento di fluttuazioni in difesa che alle proiezioni in avanti con applicazione delle tecniche di braccia.
Si faranno eseguire tecniche sul bersaglio fermo, partendo da distanze ravvicinate per giungere a distanze sempre più grandi in modo da valutare l’effettiva capacità di eseguire la tecnica in progressione d’attacco.

E’ in questa fase che il tecnico deve iniziare a valutare la rispondenza delle tecniche di braccia a quelli che sono i punti fondamentali che gli arbitri utilizzano come griglia di valutazione per assegnare il punto di ippon o nihon a seconda del bersaglio raggiunto o della successione immediata di due tecniche da ippon o a seguito di sbilanciamento dell’avversario o addirittura sanbon se la tecnica di braccio è portata correttamente a seguito di proiezione.

Si inizierà a valutare oltre che la corretta esecuzione della tecnica con l’uso dell’anca, la distanza corretta ed il controllo oltre la postura nell’esecuzione ed al momento dell’arrivo a bersaglio. Saranno fondamentali i parametri di buona forma, distanza corretta e zanshin oltre ai predetti – vigore di applicazione – comportamento sportivo e tempestività .

Si valuterà come avviene il balzo in avanti per portare tecnica di gyakutsuki in attacco, evidenziando i problemi che possono portare anomalie alla buona esecuzione, quali un uso scorretto ed incompleto dell’anca, una postura di partenza che non offra adeguata spinta, una postura d’arrivo poco conforme alle regole di kihon applicate al kumite.
Si dovrà curare la capacità dell’atleta a rientrare subito dopo l’esecuzione dell’attacco, in modo da portarsi fuori raggio d’azione dell’avversario in zona di sicurezza.
Questi movimenti di fluttuazioni avanti indietro o lateralmente dovranno essere eseguite senza perdere la postura di guardia degli arti superiori, che devono essere sempre in posizione vigile davanti al viso pronti ad intervenire in tecniche di parata (gedan tate uke in contemporanea con mawashi tate uke – ju gi uke).
Tutte le esecuzioni dovranno essere eseguite con entrambi gli arti e posture di guardia, cercando di eseguire un lavoro simmetrico che sviluppi le capacità tecniche in modo bilaterale, evitando di generare atleti solo di guardia destra o sinistra, cosa che risulterebbe estremamente limitativa .

L’obiettivo da raggiungere durante l’allenamento delle tecniche di braccio, sia che si tratti di gyakutzuki o di kizamitzuki è quello di ottenere tecniche da punto secondo il regolamento arbitrale F.I.J.L.K.A.M.
Partendo dal presupposto che su bersaglio fermo ad ogni tecnica deve coincidere un ippon, ribadiamo la necessità di rendere ben visibile la tecnica, quindi in fasi molto avanzate di allenamento si può giungere alla scelta del giusto momento di effettuazione della tecnica riferito oltre alla accezione classica anche al momento in cui colui che attacca ha la miglior visibilità per l’arbitro rispetto all’avversario.

A questo punto si può vedere di impostare un allenamento sulla tecnica usata in fase difensiva o d’incontro.
Si può iniziare facendo eseguire tecniche di gyakutzuki d’incontro, eseguito in contemporanea al tentativo di ridurre la distanza dell’avversario, inizialmente anche senza che quest’ultimo esegua nessuna tecnica, ma solo spostamento d’attacco con accenno di tecnica.

L’atleta che esegue il gyakutsuki di difesa dovrà andare a stoppare l’attacco dell’avversario con tecnica d’incontro al torace, mostrando di saper coordinare spostamento, chiusura dell’anca, controllo appropriato
e rientro della tecnica e della posizione di guardia in zona di sicurezza.
Si possono ora studiare situazioni di difesa /incontro su tecniche dell’avversario, ad esempio si possono effettuare azioni combinate di parata contrattacco su tecniche di mawashigeri chudan,tecniche d’incontro con schivata e accenno protettivo di parata su attacchi di tsuki.
Sarà possibile inserire anche l’azione di protezione o difesa e parata dell’altro braccio non interessato alla tecnica di gyakutsuki, che si muoverà simultaneamente e in sincronia alla tecnica d’attacco, eseguendo una parata o un disturbo alla guardia dell’avversario. Chiaramente tale azione simultanea sarà eseguita in funzione del comportamento dell’avversario, si dovrà pertanto far provare situazioni di parata su tecnica d’incontro da attacco di gamba e su tecnica d’incontro ad attacco di braccia.

Siamo ora in condizione di poter passare allo studio dell’altra tecnica di braccio considerata: kizamitsuki.
Si inizierà anche in questo caso da una posizione di guardia statica, sia per le combinazioni d’attacco che di difesa/incontro.
Nella sezione destinata allo studio d’attacco, trova fondamentale importanza come fu per il gyakutsuki, la spinta della gamba posteriore atta a proiettare l’esecutore in avanti e a permettere l’esecuzione della tecnica di kizamitsuki in modo perfettamente controllato a braccio dovutamente piegato e non completamente teso, indice di mancato controllo e mancata distanza di esecuzione.
Chiaramente lo studio di questa tecnica è propedeutica al lavoro dell’anca in chiusura con gyakutzuki, infatti come si avrà un’apertura dell’anca sulla spinta per entrare di kizamitsuki, altrettanto si potrà impostare la repentina chiusura della stessa per finire l’attacco di gyakutsuki.
Eseguite diverse ripetizioni su bersaglio fermo, in posizione abbastanza statica, si può passare alle tecniche in movimento, con entrambi i contendenti in fase di mobilità di guardia idonea all’incontro di kumite.
Anche qui il bersaglio al momento si preoccuperà di sottrarsi alla pressione dell’attaccante, cercando di neutralizzare con parate o schivate le tecniche di kizamitzuki che gli vengono lanciate contro.

Sempre in considerazione del regolamento arbitrale F.I.J.L.K.A.M la tecnica di kizamitsuki deve essere inserita nella fascia agonistica da Esordienti “B” in poi, in quanto nella categoria esordienti”A” ne e’ vietata l’esecuzione.

Per quanto riguarda la tecnica Uraken, relativamente poco usata in combattimento dalle fasce di atleti da Esordienti “B” in avanti, riveste grande importanza nella fascia di età inferiore degli Esordienti “A”.
In questo caso è fondamentale allenare la spinta in avanti tramite la gamba posteriore, la corretta postura di caricamento del braccio colla mano chiusa rivolta verso il volto dell’esecutore, il corretto posizionamento del gomito il linea colla mano stessa, la chiusura a “frusta” coll’anca opposta al braccio che esegue la tecnica. Infine il controllo ad adeguata distanza dal bersaglio per evitare lo “skin touch” non consentito per ottenere punteggio valido.
Comune all’allenamento delle tre tecniche è lo studio e la comprensione di quelli che sono i parametri arbitrali per l’assegnazione del punto,sia esso ippon o nihon.
Si deve ricordare all’allievo agonista i sei parametri di valutazione che secondo la griglia d’arbitraggio federale generano l’attribuzione del punto, ossia:

1)buona forma
2)distanza corretta
3)comportamento sportivo
4)zanshin
5)vigore d’applicazione
6)tempestività


A questo punto si può passare alla combinazione delle tre tecniche, sia in attacco che in difesa, dapprima su avversario che indietreggia in linea retta per poi passare all’esecuzione in movimento con gli atleti che fluttuano cambiando guardia sui piani frontale e laterali.
Anche in questo caso l’avversario che fa da bersaglio (uke), dovrà cercare di utilizzare gli spostamenti sui piani laterali per uscire dal raggio d’azione di chi attacca (tori).
Saranno fondamentali le schivate, che il bersaglio (uke) proverà con torsioni del busto e flessione sulle gambe cercando di intravedere l’eventuale tecnica di reazione.
Si può passare all’esecuzione delle tecniche in movimento, ma in fase di difesa o incontro, magari su simulazioni d’attacco dell’avversario che accenna ad entrare nel mai (distanza) di tori con l’utilizzo di una tecnica di gamba o braccio.
Sono infine moltissime le possibilità d’applicazione delle tecniche in movimento d’attacco difesa o in combinazione anche di braccia e gambe.

E’ comunque chiara la fondamentale importanza della fase di spinta e di fuga con gli arti inferiori per entrambe le tecniche di braccia sopra descritte; quindi oltre agli allenamenti specifici di tattica e tecnica occorre un allenamento mirato al potenziamento della muscolatura degli arti inferiori che dia esplosività e rapidità d’azione eccezionali. Fasi di potenziamento deciso tenendo sempre presente il mantenimento o l’immediato recupero della necessaria mobilità articolare (squat – esercizi di piegamento con bilanciere o senza vanno comunque giustamente dosati onde non procurare irrigidimenti a livello poi di mobilità).

L’allenamento delle tecniche di braccio per gli agonisti kata, pur tenendo presenti le metodologie sopra esposte per le applicazioni (bunkai), dovrà essere impostato soprattutto sulla forma codificata, prescritta e consolidata dello stile praticato ed eventualmente modificato dalla scuola di riferimento. Qui l’insegnamento delle tecniche di braccia deve essere maggiormente curato sotto l’aspetto della buona forma e delle posture prescritte.

- NON AGONISTI
Per gli atleti non agonisti, almeno in una fase iniziale, non si agisce direttamente sull’insegnamento della tecnica pura e semplice con le sue implementazioni orientate all’ottenimento del successo (punto), cosi come è necessario fare per gli agonisti. Qui occorre letteralmente “costruire” il futuro atleta e quindi la gran parte dell’insegnamento verterà sulla strutturazione fisica dell’atleta, sullo sviluppo delle capacità condizionali e coordinative, sull’allenamento della mobilità e lo sviluppo delle abilità motorie e psico – fisiche.
Presupponendo quale non agonista l’allievo in età pre –scolare o scolare fino alla soglia dell’età agonistica occorrerà procedere allo sviluppo delle abilità sopraddette, soprattutto attraverso il gioco, gesti atletici elementari da incrementare con gradualità e con sporadici, dapprima, e sempre più ricorrenti approcci al gesto atletico specifico del Karate, fino al definitivo approccio alle tecniche fondamentali.
Giunti all’apprendimento dei fondamentali, occorre tenere presente poi la loro impostazione in previsione dell’imminente accesso dell’atleta non agonista, nella categoria agonistica e quindi con le metodologie sopra descritte per la loro applicazione finalizzata al raggiungimento del punteggio o della loro predisposizione alle forme codificate per il kata agonistico.

- AMATORI
Come prima accennato questa tipologia di soggetti è variegata, in quanto comprende al suo interno ex – agonisti, soggetti ricompresi nelle fasce agonistiche, i quali per differenti motivi non sono approdati all’attività agonistica o soggetti che si affacciano al Karate provenienti da altri sport, ma non più in età agonistica od infine soggetti non in fascia agonistica che si affacciano allo sport per la prima volta o che hanno sporadicamente frequentato altre attività sportive. Non ultima anche la variegata differenziazione in fasce di età, con conseguenti abilità, medie abilità, scarse abilità od addirittura assenza di abilità fisiche generali.
Nella classe Amatori è evidente una più ampia possibilità di spaziare nella tipologia di tecniche in quanto viene meno il presupposto agonistico di applicazione, ma viene data maggior enfasi ed importanza alla funzionalità del movimento ed all’utilità applicativa dello stesso; quindi l’allenamento base dell’amatore verte sullo sviluppo, mantenimento, miglioramento o recupero dell’attività motoria e delle abilità specifiche, per poi passare allo studio ed all’applicazione funzionale delle più disparate tecniche, con richiamo alla specificità riferita all’auto difesa e più in generale all’approfondimento della conoscenza della tecnica e delle sue caratteristiche di utilità funzionale e pratica, nonché l’approfondimento culturale sulla pratica del Karate moderno.
Da qui la possibilità di studiare tutte le più differenti tecniche di braccio a mano chiusa, oltre alle già note Gyakutsuki, Kizamitsuki, Uraken, anche tecniche prettamente “non agonistiche” quali: oitsuki, uratsuki, gedantsuki, tetsuiuci, oikomitsuki, otoshitsuki, mawashi tsuki e tutte le parate ageuke, gedanuke, sotouke, uchiuke eccetera; in altre parole il diretto approccio al Karate tradizionale non agonistico che è da una parte tradizione, ma nello stesso tempo fondamento del Karate stesso. Gli amatori quindi hanno il privilegio di poter apprendere in toto le diverse forme ed applicazioni delle tecniche del Karate. Diversificazione, quindi, spaziante tra la forma codificata delle tecniche propedeutiche al kata, al kihon ed al kumite agonistico, compresa anche la predisposizione alla difesa personale.

CONCLUSIONI

Da quanto sopra espresso si evince chiaramente quali sono le peculiarità comuni alle tre aree di lavoro, quali sono le differenti espressioni e quali le comparazioni identificabili nelle stesse.

Le principali similitudini sono facilmente rilevabili nelle seguenti peculiarità:
Comune insegnamento dei fondamentali del karate: tutte le tre aree prese in considerazione sono assimilate nella comprensione delle tecniche fondamentali, considerando nello specifico le posture iniziali e l’apprendimento del gesto atletico specifico riferito a quella data tecnica; la tecnica di braccio a mano chiusa è chiaramente definita e normata secondo i dettami del Karate e quindi non è concepibile una diversa modalità di esecuzione sia che sia applicata nel kumite, nel kata o nel khion; non esistono scuole di pensiero se non le differenze peculiari previste dai diversi stili;
Comune necessità di sviluppo e/o mantenimento e/o recupero delle abilità motorie: seppur in diverso grado e modalità, tutte le aree trattate necessitano di un costante lavoro rivolto all’allenamento delle abilità motorie specifiche;
Comune lavoro di interazione tra insegnante ed allievo: le tre aree necessitano indistintamente, pur con scopi e mezzi diversi, di una completa interazione tra docente e discenti; gli insegnanti trasmettono e gli allievi recepiscono e viceversa, gli atleti trasmettono le loro insicurezze e dubbi e gli insegnanti recepiscono e danno immediata risposta di soluzione; gli uni e gli altri sono stimolati alla reciproca comprensione e collaborazione nel miglioramento della tecnica;
Comune necessità di consolidare la perfetta postura tecnica: le tecniche di braccio prima trattate necessitano di una forte base di appoggio (gambe ed anche), di una ben impostata base di contenimento (busto) e di una mobile e coordinata tecnica di applicazione (esecuzione completa del gesto atletico specifico: pugno o parata).
Comuni necessità di allenamento segmentarlo: in tutte le aree trattate, l’apprendimento avviene in maniera segmentarla, per raggiungere lo scopo di allenare in maniera graduale e crescente ogni singolo gesto atletico;
Comune necessità di raggiungere il massimo controllo della tecnica: sia in gara ed in palestra per gli agonisti, sia in palestra per i non agonisti e gli amatori è necessario il raggiungimento del massimo controllo della tecnica;
Comune fase di memorizzazione delle tecniche: fase conscia, il momento nel quale si crea il vero e proprio apprendimento della tecnica e fase inconscia, quando la tecnica viene immagazzinata stabilmente nella memoria fisico – emotivo - funzionale del soggetto.

Le principali differenze sono invece identificabili:
Diverse finalità nell’esecuzione della tecnica: per gli atleti agonisti la finalità è l’esecuzione della tecnica da punto, per i non agonisti la finalità insita nella propedeuticità dell’allenamento della tecnica all’agonismo, per gli amatori la finalità è individuabile nel raggiungimento e mantenimento o recupero di specifiche abilità coordinative e cognitive altrimenti destinate a perdersi o addirittura a non acquisire.
Diverse motivazioni: il successo agonistico per gli atleti in età agonistica, il raggiungimento della preparazione adeguata a svolgere la successiva attività agonistica per i non agonisti ed il raggiungimento del benessere psico – fisico per gli amatori;
Diverse metodologie di allenamento: gli agonisti devono sviluppare la corretta tecnica da seguire nel modo più efficace, vigoroso e nel rispetto dei regolamenti arbitrali; i non agonisti necessitano di creare la specifica abilità di esecuzione della tecnica individuata, avvicinando per gradi l’esecuzione che poi verrà richiesta loro in futuro: gli amatori liberi dai dettami dei carichi di lavoro, dello sviluppo della rapidità, possono invece concentrare i loro allenamenti sulla corretta impostazione della tecnica ed applicarla con precisione e vigore nel rispetto di una corretta postura e controllo.
Diversa impostazione di partenza della tecnica: solitamente da ikite per le impostazioni nelle forme di khion e kata per gyaku e kizamitsuki e con caricamento all’orecchio per uraken; partenza invece da guardia (kamae) nella predisposizione al kumite.

Le principali comparazioni e confronti sono attuabili:
Decrescente velocità di applicazione: la velocità di applicazione delle singole tecniche è relativamente bassa negli amatori (sia nell’apprendimento sia poi nella reale esecuzione); è solitamente in crescita nei non agonisti e ciò è dovuto esclusivamente alle maggiori doti e potenzialità di espressione ella rapidità e raggiunge il massimo livello negli agonisti in quanto è frutto degli assidui carichi di lavoro ed allenamenti specifici sulla rapidità di esecuzione;
Crescente vigore di applicazione: in ordine crescente non agonisti, amatori ed agonisti;
Confronto di esecuzione della tecnica Gyakutsuki: l’atleta non agonista tende ad eseguire la tecnica come supporto alla successiva tecnica di gamba, la tecnica non è finalizzata; nell’amatore la tecnica è eseguita con grande vigore di applicazione in quanto considerata di relativa difficoltà di esecuzione e di grande efficacia; negli atleti agonisti la tecnica è eseguita con grande frequenza in quanto relativamente sicura rispetto alla risposta dell’avversario e con alte probabilità di conseguimento di punteggio;
Confronto di esecuzione della tecnica Kizamitsuki e Uraken: caricamento dall’anca o da spalla opposta alla tecnica e repentino Suriashi per non agonisti ed amatori; caricamento da guardia e repentino avanzamento situazionale creato tatticamente per gli agonisti;
Le posture: queste si possono comparare nettamente con loro caratteristiche peculiari nelle tre fasce; negli agonisti le tecniche di braccia in generale partono da una postura atta allo scatto repentino in avanzamento o in arretramento, quindi il zenkutsudachi di partenza sarà corto, abbassato e con l’arto arretrato in flessione sul piede appoggiato in punta (koshi) per permettere un esplosivo slancio in avanti ed altrettanto repentino arretramento a conclusione della tecnica. Nei non agonisti la postura è simile a quella appena esposta, ma con particolare propensione al movimento libero e privo di kime e potenza, ma con il preciso intento di creare diversificazione continua nel portare la tecnica di braccia non finalizzata. Infine negli amatori, le tecniche di braccia hanno duplice postura, una tradizionale per l’impostazione del khion e kata e l’altra simile a quella agonistica per l’impostazione della tecnica ai fini, per esempio, della difesa personale od eventualmente per la prosecuzione dell’attività agonistica masters.

Da quanto sopra esposto si può chiaramente evincere che le tecniche a mano chiusa allenate in palestra devono partire dalla corretta espressione fisico – dinamica del movimento e del gesto atletico così come codificati e facenti parte dell’arte marziale “karate” ed in base alle differenti applicazioni di queste tecniche da parte di determinate classi o fasce di discenti (agonisti, non agonisti o amatori) occorre concentrare l’attenzione su specifiche esigenze di rapidità, di postura, di forma e di propedeuticità onde ottenere il risultato aspettato rispetto al fine preposto: ottenimento del punto, predisposizione all’apprendimento successivo della tecnica in forma agonistica o impostazione psico fisica per il miglioramento od il recupero funzionale od indistintamente il tutto.

Testa Maria Vittoria

Torna ai contenuti