Tesi 3 - Karate Sport per Tutti

Vai ai contenuti
TESI V DAN

"Kata - Illustrare, a giudizio del Candidato, quali elementi introdurre -e con quali motivazioni tecniche e scientifiche- per una più efficace valutazione arbitrale della Tecnica".


1. INTRODUZIONE
La valutazione arbitrale della prova di kata è da considerarsi una fase delicatissima ed altamente specialistica, data la complessità degli elementi di cui tenere conto e delle copiose variabili che possono presentarsi agli esaminatori.
Erroneamente, molte volte, si considera la prova di kata come la rappresentazione di un insieme di tecniche susseguenti e conseguenti di cui valutare la consistenza e le caratteristiche di esecuzione.
In realtà la prova di kata e la prova di kumite devono considerarsi come una stessa identità del karate, senza distinzione alcuna, infatti entrambe le prove sono la massima espressione dell'arte marziale "il combattimento", cioè l'interazione con uno o più avversari, costituita da parate, attacchi, spostamenti ed atteggiamenti tecnico - tattici atti a raggiungere l'obiettivo finale della salvaguardia della propria integrità fisica e l'annullamento delle potenzialità offensive dell'avversario.
Il karate agonistico attuale è ovviamente adattato alle esigenze di maggior visibilità, comprensione e spettacolarità, necessarie per attirare l'attenzione dei potenziali bacini di utenza e quindi anche le caratteristiche applicative ed esecutive sia del kata e sia del kumite, in quanto univoche, sono state strutturate per raggiungere tali obiettivi. Questa nuova strutturazione delle tecniche ha dato maggior libertà di interpretazione e di applicazione rispetto alle più rigide ed immutabili regole del karate tradizionale, concentrate soprattutto sull'efficacia ultima della tecnica, sul raggiungimento del risultato finale e non tanto sulla coreografia, spettacolarità o visibilità della stessa.
Queste innovazioni tecniche, che sicuramente molto hanno contribuito ad aumentare l'attenzione sulla preparazione e sulla salvaguardia fisica dei praticanti nonché sulle motivazioni emozionali e non che indirizzano l'attività agonistica, sono state tradotte in un regolamento arbitrale che a mio parere rappresenta uno strumento di grande efficacia per la corretta valutazione della performance agonistica del nostro sport, ma anche ha dato basi fondamentali per lo sviluppo di tecniche di insegnamento in area non agonistica. L'introduzione di nuovi elementi, vista l'accurata formazione del regolamento attuale, risulta di estrema difficoltà, seppur si intravedano aree di intervento ben delineate che verranno nel prosieguo esposte.

2. LA VALUTAZIONE
Cosa si intende per "valutazione"? In ambito sportivo ed agonistico è l'accertamento, registrazione e lettura delle informazioni derivanti e concernenti il comportamento, la performance, la prestazione e la rappresentazione, sia spontanea o appositamente stimolata, fornita ed evidenziata dall'atleta o dagli atleti. Questo processo porta il valutatore ad esprimere un giudizio o apprezzamento positivo o negativo, idoneo o non idoneo, migliore o peggiore, minore o maggiore rispetto al modello di prestazione medio o se a quello di prestazione performante ed ottimale il giudizio o apprezzamento che indichi quanto la prestazione stessa di è avvicinata alla esecuzione perfetta o ad esprimere preferenza tra due rappresentazioni.
La valutazione si esplica a vari livelli, basandosi su:
"Come" si valuta, cioè l'esigenza di sistematicità ed attendibilità dei controlli;
"Cosa" si valuta, cioè l'imprescindibile riferimento agli obiettivi precedentemente fissati;
"Perché" si valuta, cioè le funzioni della valutazione in vista dell'adeguamento del programma educativo o prestazionale in funzione della migliore formazione della persona. La raccolta dei dati circa il comportamento e l'apprendimento degli atleti e/o allievi deve essere fatta per soddisfare le esigenze didattiche e di orientamento, tenendo presente la "prestazione ottimale" da prendere come modello; si parlerà quindi di:
¢ Valutazione diagnostica o iniziale, fatta nel momento di intraprendere un itinerario formativo;
¢ Valutazione formativa o in itinere, che accompagna costantemente il processo didattico, conoscitivo e migliorativo nel suo svolgersi;
¢ Sommativa o complessiva, finale, da condurre al termine di un processo didattico o di una rappresentazione o prova agonistica.
La valutazione si estrinseca in una assegnazione di valore. Questa presuppone un criterio rispetto al quale sia possibile l'attribuzione fondamentale, come ogni sua eventuale gradazione in più o in meno. L'atto valutativo implica pertanto un confronto rispetto ad un modello già esistente oppure progettato, ovvero rispetto ad una norma prescrittiva oppure statistica.
Il modello è di solito estrinseco, la norma invece può essere estrinseca o intrinseca (per es. quando il soggetto si confronta con se stesso con i propri livelli di aspirazione).
In ambito agonistico siamo in presenza di valutazione selettiva, atta a definire quale sia, in un insieme di prestazioni, quella che maggiormente si avvicina al modello di eccellenza o quella migliore rispetto alle altre in competizione. Inoltre essa è "sommativa", in quanto è rivolta al risultato della prestazione ottenuta per effetto dall'allenamento e dell'apprendimento di quell'atleta in quel determinato momento della sua carriera agonistica ed è infine "relativa", in quanto riferita alla prestazione effettuata in quel determinato momento nel quale si svolge, con le variabili della situazionalità, condizioni psico - fisiche, emozionali e delle risposte motivazionali del momento in cui si svolge la competizione.
Perché la valutazione sia veramente efficace, bisogna che faccia appello alle migliori tecniche possibili (in funzione degli obiettivi da misurare) e che ponga in atto i migliori e più efficaci principi della psicologia. Già da parecchi anni si riconosce che la disponibilità è un elemento indispensabile per apprendere. Un allievo è ricettivo quando comprende e accetta i valori e gli obiettivi che sono stati definiti. Gli individui tendono a persistere nelle attività nella misura in cui vi ottengono un certo successo. Più i praticanti di uno sport si rendono conto che certi tipi di comportamento sono associati al successo (vittoria o superamento di uno o più turni di gara) e più persistono ed intensificano l'attività ed il tempo dedicato a quello sport, con l'evidente risultato di raggiungere ed ottenere prestazioni sempre più performanti.
Quindi se un formatore fa svolgere prove che esigono la memorizzazione, l'allievo impererà a memoria; al contrario, se una prova richiede che essi applichino dei principi, che interpretino dati e che risolvano problemi, gli allievi studieranno per essere più preparati possibile a riuscire in quel tipo di prova.
Il sistema di valutazione usato, quindi, determina in larga misura il tipo di attività formativa cui gli allievi si dedicheranno durante il corso di apprendimento.
Sicuramente le esperienze sull'apprendimento dimostrano che i soggetti imparano meglio quando sono costantemente oggetto di valutazione di cui comprendono il fondamento atto ad aiutarli a determinare se stanno procedendo nella giusta direzione, da qui si può desumere la grande importanza rivestita da una corretta valutazione.
Tra tutti i problemi connessi alla valutazione, la motivazione degli allievi è uno dei più importanti e talvolta dei più difficili da affrontare. E' superfluo dire che il modo in cui un soggetto riesce in una prova è direttamente legato alla sua motivazione che spinge il suo impegno. Ricerche scientifiche hanno dimostrato che, se un allievo è correttamente e profondamente motivato, la sua performance è molto più vicina alla massima espressione delle sue possibilità di quando invece la motivazione manca. Quando chi apprende partecipa attivamente, l'apprendimento è al massimo della sua efficacia.
La dimostrazione di questa efficacia rappresenta uno stimolo di grande importanza per l'occhio del valutatore.
Nella valutazione riveste grande importanza anche "l'emozione" che la performance trasmette al valutatore. L'emozione è esattamente il coinvolgimento del giudicante nell'azione osservata, quasi una partecipazione alla stessa. Quanto più emozionante sarà l'esecuzione di un Kata tanto più positiva sarà la valutazione da parte del giudice.
Così come il valutato, anche il valutatore deve essere costantemente allenato all'attività valutativa ed a sua volta valutato. La formazione dei valutatori (Ufficiali di Gara) avviene solitamente in ambiti regionali per poi sfociare in ambito nazionale od internazionale per effetto della naturale crescita formativa e delle particolari propensioni individuali, proprio come accade in ambito preparatorio degli atleti da valutare.
Parte delicatissima, quindi ricopre l'aspetto preparatorio e formativo dei valutatori demandato alle sessioni regionali ed alla scuola nazionale.

3. I CRITERI DECISIONALI
La valutazione è fondata su criteri decisionali individuati e chiaramente descritti e catalogati dal "Regolamento Arbitrale" che rappresenta la traduzione in "regole interpretative e valutative" del gesto tecnico riferito al modello prestazionale ideale dell'arte marziale, così come voluto da specifiche esigenze individuate in un certo momento storico e/o dettato dalla evoluzione della tecnica o da quella scientifica, nell'ambito dello studio del movimento e della salute psico - fisica dei praticanti.
Il Regolamento Arbitrale è quindi non solo strumento di valutazione, ma anche di indirizzo della fase precedente e/o preparatoria alla competizione.
I criteri decisionali attualmente previsti dal Regolamento Arbitrale vigente, sono quanto di più preciso, schematico ed oggettivamente aderente si potesse ottenere e codificare.
Tuttavia resta indubbia la difficoltà di valutazione del gesto tecnico espresso nell'esecuzione del kata e quindi anche del kumite, essendo le due specialità un tutt'uno di un'unica identità del karate dei giorni nostri.
La valutazione è quindi data dalla verifica di sussistenza e quantificazione del valore di tutti i parametri previsti dai criteri decisionali.
I criteri decisionali per la valutazione dei kata shitei e tokui, fatta salva la forma "obbligatoria" imposta dai primi, si possono così catalogare:
a. Il kata deve essere eseguito con competenza e deve dimostrare una chiara comprensione dei principi tradizionali e non a cui si ispira;
b. L'atleta deve dimostrare di aver compreso il significato del kata e di ciò che sta eseguendo ed a quale applicazione quella tecnica è preposta (Bunkai);
c. Espressione del tempo e del ritmo propri di quel kata;
d. Dimostrazione della velocità, equilibrio e focalizzazione della potenza (Kime) cioè: blocco della tecnica nella massima contrazione finale
e. vigore di applicazione della tecnica intesa quale espressione dell'abbinamento velocità, sincronicità e potenza espressa dall'esecuzione della tecnica;
f. Idoneo e corretto uso della respirazione quale ausilio per il Kime;
g. Posizioni corrette (Dachi) con la giusta tensione delle gambe e con le piante del (es. neko ashi dachi) o dei piedi completamente aderenti al suolo per ottenere la massima stabilità ed efficacia nella formazione della tecnica;
h. Idonea tensione dell'addome (Hara) ed assenza di sobbalzi verso l'alto ed il basso dei fianchi durante il movimento (nei kata shito questo elemento risulta non essere valutabile);
i. Forma corretta (Kihon) dello stile che si sta dimostrando, secondo le prescrizioni imposte dai fondamentali di base, comuni a tutti gli atleti e differenziati per i diversi stili;
j. Valutazione della difficoltà del kata proposto;
k. Nel kata a squadre la sincronizzazione senza input esterni (rumori di varia natura es. battersi il corpo o bloccare la respirazione in maniera evidente) per dare l'avviso di partenza dell'azione;
l. Il rispetto dell'embusen, cioè l'asse immaginario su cui deve essere svolto il kata. Se lo si attraversa correttamente, si ritorna nel punto esatto in cui si è iniziato il kata.
Questi criteri possono inoltre essere approfonditi con ulteriori precisazioni tecniche e psico - fisiche che arricchiscono il metodo di valutazione:
1. Lo stato mentale: cioè la condizione mentale in cui il Karateka deve calarsi nel momento che affronta il Kata; è il classico stato di concentrazione simile a quello di un cacciatore in una foresta di animali feroci, la concentrazione mentale che l'individuo assume quando si sente attaccato o minacciato.
2. L'attivo ed il passivo: rappresentati durante l'esecuzione del Kata da attacchi e difese.
3. La forza e la velocità: il modo di usare la forza ed il grado di velocità che si assommano diventando potenza o vigore di applicazione, da impiegarsi in modo esatto in ogni tecnica ed in ogni posizione.
4. La contrazione: il giusto grado di contrazione ed espansione del corpo in ogni tecnica e posizione del Kata.
5. La respirazione: il suo costante controllo per mantenerla sempre in perfetta sintonia con ogni movimento.
6. La sincronicità: ogni movimento deve sommare un insieme di azioni combinate in modo perfetto tra di loro, tale da giungere all'atto finale della tecnica con la maggiore efficacia possibile.
7. L'unione di corpo e mente: si esterna attraverso il Kiai e rappresenta l'unione della forza con l'intenzione, del movimento con la consapevolezza, del fisico con lo spirituale; è la convinzione profonda dell'assenza di ostacoli e di timori.
8. La posizione: la corretta postura consente di esprimere la massima qualità ed efficacia della tecnica. Le posizioni devono essere eseguite sempre uguali e corrette. Nell'esecuzione del kata il rispetto delle corrette posizioni permette di tornare esattamente alla linea di partenza (En-Busen).
9. La guardia (zanshin): il rispetto in ogni momento dell'esecuzione del Kata, dello stato mentale e fisico di allerta, il mantenimento, cioè, dell'attenzione e del controllo spazio - temporale di ciò che circonda il campo di azione dell'esecutore. Ed anche la capacità da parte dell'atleta della continua interazione con ogni fase dell'esecuzione, con gli ipotetici avversari che lo circondano.

4. I LIMITI DELLA VALUTAZIONE
Dall'esposizione che precede è facilmente desumibile quanto sia complessa la tecnica di valutazione e da quanti elementi essa è costituita. La valutazione è tanto più completa ed aderente, quanti più elementi, particolari e parametri vengono tenuti in considerazione e valutati correttamente dal giudicante. Quindi anche qui una somma più elevata possibile di parametri ed elementi valutati ed una qualità di valutazione del singolo elemento in maniera rispondente e corretta in coerenza coi principi stabiliti che identificano la giusta ed efficace esecuzione della singola tecnica ed infine dell'insieme delle tecniche eseguite.
Nella valutazione entrano in gioco anche altri fattori che contribuiscono a dare ulteriori aspetti diversificanti e non sempre conformanti:
-grado di formazione tecnica del giudicante
-area di provenienza del giudicante (Shito, Shotokan ecc.)
-differenziazione delle aree di provenienza in scuole con relative varianti
-impossibilità da parte dei giudicanti di conoscere tutti i kata di tutte le aree e di tutte le scuole
-oggettiva difficoltà della valutazione di prove, di livello tecnico scadente e con sommatorie di errori equivalenti
-oggettiva diversa visione della tecnica sulla base della diversa posizione di osservazione del giudice
-oggettiva difficoltà nel rammentare o confrontare e sovrapporre la valutazione del kata precedente rispetto a quello effettuato successivamente
- oggettiva quantità e qualità di criteri decisionali e relativi parametri di valutazione.
Nella valutazione, quindi, entrano anche aspetti emozionali del giudice, dettati dall'apprezzamento o meno di quella determinata performance tecnica, di quel determinato aspetto fisico dell'atleta o non ultima della conoscenza personale o di fama dell'atleta. Situazioni queste difficilmente controllabili in quanto per lo più inconsce o indotte automaticamente al momento dell'espressione del giudizio.
La quantità di regole da far rispettare e la valutazione della qualità della performance innalzano il livello di difficoltà della decisione e valutazione arbitrale.
Prendiamo ad esempio alcuni sport nei quali la valutazione arbitrale è più semplificata rispetto a quella del karate.
Il tennis: giudici di linea indicano al giudice centrale se la pallina è caduta all'interno dell'area prescritta, giudici di rete indicano al centrale se la palla ha colpito la rete; il giudice centrale quindi si limita ad applicare il regolamento con un gran supporto di controllo e con poche regole da far rispettare (addirittura è stato recentemente automatizzato il tutto con l'introduzione di sofisticati rilevatori elettronici in sostituzione dell'opera umana) .
La spada, fioretto, sciabola: il regolamento è supportato decisamente dall'elettronica; rispettate determinate posture o regole di base, il tutto è demandato all'accensione della luce indicatoria al momento della stoccata vincente per uno o l'altro contendente.
I tuffi: qui la complessità è già più elevata, ma indicatori decisivi sono la qualità dell'entrata in acqua alla fine dell'esecuzione del tuffo e la valutazione qualitativa della figura rappresentata dal trampolino alla entrata in acqua. E vista la brevità della prova, vi è la possibilità da parte dei giudici, di rivedere più volte la prova da valutare, anche con l'ausilio di moviola.
La ginnastica artistica: la complessità di questo tipo di valutazione arbitrale si avvicina alla valutazione del karate agonistico; la sostanziale differenza è insita nel fatto che nella ginnastica artistica, si eseguono figure obbligatorie e quindi si valuta la stessa performance per tutti gli atleti e pur nella prova libera, le figure composte liberamente hanno modalità esecutive univoche e non differenziate in stili o aree.
Tra le arti marziali, il Judo. È di gran lunga di più facile interpretazione: atterramento con schiena a terra, sbilanciamento e penalità; il tutto maggiormente evidente e di immediata valutazione.
Il taekwondo: molto simile al karate, nel kumite non vi è il controllo assoluto della tecnica, in quanto gli atleti sono adeguatamente protetti e quindi il regolamento nascente risulta molto più scarno ed essenziale. Il kata presenta le stesse problematiche del karate, anche se molto meno praticato a livello agonistico.
Altri sport aventi grado di difficoltà valutativa a livelli elevati sono facilmente identificabili in quegli sports dove di và a valutare la performance tecnica, qualitativa ed espressiva del gesto atletico compiuto dagli atleti: il pattinaggio artistico, la danza sportiva, la ginnastica artistica e ritmica, ecc.
Quindi in definitiva la maggior difficoltà nella valutazione arbitrale è rappresentata e creata dalla complessità del regolamento da applicare, dalla quantità di regole da far rispettare e non ultima dall'apporto personale del giudicante quando la valutazione oltre che ad essere oggettiva, cioè basata su presupposti dettati da parametri precisi ed imposti, è anche soggettiva, cioè basata su esperienza, provenienza ed emozione personali del giudicante.
La valutazione arbitrale del kata incontra poi altri ostacoli:
- la scarsità di risultati valutativi univoci del gruppo arbitrale; nelle gare di kata purtroppo sono moltissimi gli incontri che terminano con punteggi non unanimi (3/2 o 4/1); questo sottopone ad aggiuntivo stress i componenti del gruppo giudicante;
- l'impossibilità di molteplici consultazioni in seno al gruppo giudicante; queste non sono ammesse se non in determinate occasioni;
- la disomogeneità del gruppo arbitrale, sia dal punto di vista della provenienza (area o stile), sia da quello della formazione personale;
- l'incomprensibilità delle decisioni del gruppo arbitrale agli occhi non esperti del pubblico; questo in effetti rappresenta un grande limite per la diffusione a livelli di sport di massa del karate. Il limitarsi alla spettacolarità delle performances diminuisce di fatto l'avvicinarsi delle masse al nostro sport, se non a livello di curiosità, poi bloccata dalla non comprensione delle valutazioni, di chi vince e chi perde e perché.

5. LA VALUTAZIONE DEGLI SPETTATORI
Per spettatori si intendono: il pubblico, suddiviso tra coloro che praticano o hanno praticato a vari livelli lo sport osservato e coloro che osservano le performances da non praticanti e quindi non ne conoscono regole e parametri; altro tipo di spettatore è il tecnico (coach) che segue i propri atleti in gara, il quale, pur non avendo alcuna possibilità di intervenire sulla valutazione degli atleti in competizione, di fatto è un addetto ai lavori e quindi è teoricamente in grado di valutare, spesso, con cognizione di causa le performances osservate e direttamente od indirettamente l'operato dei valutatori ufficiali incaricati. Infine abbiamo gli addetti ai lavori: supervisori di gara, commissari di gara, tecnici nazionali i quali direttamente od indirettamente valutano gli Ufficiali di Gara impegnati nelle valutazioni delle varie performances della competizione in atto.
Gli spettatori praticanti o ex praticanti dello sport in questione, osservano e valutano le competizioni conoscendo a vari livelli le regole ed i parametri di valutazione. La loro comprensione della valutazione espressa dall'organo giudicante è spesso immediata, ma altrettanto spesso indirizzata dall'appartenenza ad una delle squadre in competizione. Il loro giudizio è senz'altro positivo in caso di vittoria dell'atleta appartenente al proprio gruppo, quanto è, nella quasi totalità dei casi, negativo il caso di sconfitta del proprio componente. In questo caso quindi la valutazione è falsata da sentimenti di appartenenza e non può essere considerata attendibile in quanto mancante del principio assoluto quale è l'imparzialità e la libertà di giudizio, scevra da condizionamenti consci od inconsci.
Gli spettatori che si avvicinano per la prima volta all'osservazione delle competizioni di karate sportivo e sono quindi ignari circa la consistenza valutativa del gesto atletico specifico, pur potendo apprezzare il gesto atletico generale, non sono in grado di valutare con esattezza l'esistenza o la mancanza dei parametri specifici richiesti. Qui si evidenzia l'argomento prima accennato, inerente la comprensione del karate alle masse.
La massa che osserva ed apprezza quel dato sport, ha quale esigenza primaria la comprensione dello stesso: chi vince e chi perde e perché. Questo concetto può essere espresso in termini di massima affermando che in questo caso, la percezione di chi sia il vincitore e per quale motivo sia tale, può essere anche estremamente superficiale ed immediata, ad esempio nel gioco del calcio è chiaro che risulta vincitrice la squadra che segna più goals, o nella boxe è sicuramente vincitore chi commina un ko all'avversario od ancora chi taglia per primo il traguardo in una competizione di 100 mt piani o 110 mt ad ostacoli.
La complessità del regolamento arbitrale per la valutazione del kata, non facilita certo questo tipo di comprensione da parte dei non addetti, risultando difficoltosa per gli stessi conoscitori non adeguatamente preparati o esperti.
In questo caso la valutazione dei non addetti ai lavori, si limita all'aspetto emozionale della performance, sia questo conscio od inconscio, parziale od imparziale. Molto spesso il rumore è travisato quale sinonimo di potenza o la fugacità di esecuzione in velocità od ancora l'acrobazia pura viene vista esclusivamente come un innalzamento della qualità della performance o infine l'applicazione inefficace nel bunkai seppur bella a vedersi, viene valutata migliore rispetto ad una applicazione meno spettacolare, ma che rispetta appieno i criteri di valutazione legati all'efficacia delle tecniche proposte.
Pur essendo kata e kumite la stessa matrice di un unico gesto atletico, la comprensione e la valutazione del kumite risulta essere più semplice, anche se non immediata (dicasi ad esempio incomprensione delle penalità o della mancata attribuzione del punto per tecnica insufficiente), ad un pubblico meno esperto.
Il tecnico (coach) valuta, ovviamente alla stregua dello spettatore di parte, indirizzandone addirittura il giudizio. In questo caso và aggiunta la motivazione del risultato legato alla preparazione dell'atleta che esso stesso ha formato. Nella gran parte dei casi è il tecnico stesso a sentirsi sotto esame; ed in caso di sconfitta scattano immediate le difese a sostegno del proprio operato. La prima causa della sconfitta del proprio atleta è sicuramente un arbitraggio non corretto o totalmente errato, quindi si passa alla colpevolizzazione dell'atleta ed infine, dopo una serie di circostanze avverse adeguatamente in elenco, la chiara sensazione che forse occorre variare l'allenamento e conoscere meglio su quali parametri approfondire il lavoro del proprio atleta.
Infine gli addetti ai lavori quali supervisori di gara, commissari di gara, tecnici nazionali i quali direttamente od indirettamente valutano gli Ufficiali di Gara impegnati nelle valutazioni delle varie performances della competizione in atto, esplicano un'attività di formazione e di controllo delle prestazioni degli Ufficiali di Gara, mettendo al servizio della classe arbitrale la preparazione specifica individuale e l'esperienza di lunga militanza nel settore.
Rileggendo quanto precede, ci possiamo rendere conto di quante sfumature e peculiarità sono insite nella valutazione; possiamo altresì evincere che più è semplice il regolamento di valutazione e maggiore è la comprensione da parte dello spettatore non esperto, ma in questo caso lo sarebbe anche per l'occhio esperto, o quanto meno sarebbe più immediata la decisione. Vero è che valutare un gesto atletico complesso sulla base di pochi parametri risulterebbe sicuramente più veloce, ma non certamente più corretto e circostanziato. Il gesto atletico agonistico complesso, non valutato nella sua interezza, porterebbe sicuramente ad una essenzializzazione o semplificazione esasperata della tecnica con la conseguenza più immediata del suo repentino impoverimento. Non valutare le specificità porterebbe oltre a tutto ad una diminuzione dell'aspetto motivazionale da parte degli atleti e quindi indirettamente ad una diminuzione della partecipazione alle gare ed ad un loro calo di qualità, con tutte le evidenti conseguenze del caso.
A mio parere risulterebbe deleteria anche l'introduzione di regole o parametri aggiuntivi agli attuali, in quanto renderebbe più difficoltosa la valutazione da parte degli esperti ed aumenterebbe l'incomprensione della valutazione agli occhi inesperti.
Appare chiaro che per ottenere una migliore e più efficace valutazione della Tecnica del kata occorre agire sui criteri esistenti e rendere più puntuale ed immediata la loro applicazione e fare quindi in modo che questa risulti più vicina possibile all'automatismo che non alla valutazione ragionata e sentita; La migliore valutazione possibile richiede l'introduzione di una qualche forma, in varia misura, di sistematicità matematica, occorre dunque togliere individualità ed aggiungere automaticità. Od ancora il valutatore dovrebbe poter valutare tra due esecuzioni sovrapponibili e della stessa forma.

6. KATA: LA VALUTAZIONE DELLA TECNICA
Premesso che la tecnica è ogni singola azione motoria che prende forma nello spazio e nel tempo ed è una partecipazione coordinata di tutti i segmenti e parti del corpo di un atleta, questa deve essere eseguita dall'atleta nella forma che più si avvicina al modello ottimale stabilito. I criteri decisionali specifici che l'Ufficiale di Gara deve considerare nella sua valutazione riguardano la qualità del movimento atletico specifico, l'azione indipendente della parte superiore del corpo rispetto alla parte inferiore e viceversa, quando cioè l'azione dell'una non reca disturbo all'altra, la gestione dell'equilibrio statico e dinamico durante l'esecuzione di tutte le tipologie di tecnica, la stabilità delle diverse posture, l'assenza di pattinamenti o di vibrazioni degli arti inferiori e superiori al momento del blocco della tecnica.
La perfetta coordinazione della tecnica permette la massima espressione di tutti gli altri aspetti oggetto di valutazione: la potenza, il ritmo, l'espressività, il kime, la sincronizzazione e l'applicazione della tecnica stessa, il tutto sempre corroborato e definito dalla corretta respirazione, dal mantenimento dell'attenzione e dalla esternazione di chiarezza delle motivazioni di ciò che si sta eseguendo e l'espressione della comprensione del susseguirsi delle tecniche proposte .
Infine si valuta l'esatta esecuzione della tecnica così come prescritta dallo stile praticato: ad esempio la differenza di impostazione delle posture di neko ashi dachi tra lo stile Shotokan e lo stile Shito, o ancora il mawatte Shito con gamba avanzata e Shotokan con quella arretrata. Indubbio è che le peculiarità di ogni stile devono essere rispettate.
E' chiaramente desumibile che ogni imperfezione della tecnica, si riflette e si trasmette in senso negativo anche sugli altri aspetti prima detti in valutazione contemporanea.
Una tecnica insufficiente, per esempio un zenkutzu dachi troppo alto, o troppo largo o con il peso sbilanciato troppo in avanti o troppo indietro od ancora con la gamba arretrata non perfettamente tesa al momento del consolidamento a terra, trasmetterà automaticamente incertezza ed inefficacia alla potenza per mancanza della adeguata velocità di esecuzione e della giusta contrazione iniziale che solo una postura perfetta può esprimere ai massimi livelli; ne risentirà il ritmo con cui l'azione viene sviluppata, per mancanza degli adeguati appoggi; risulterà compromesso il kime, in quanto l'azione non riuscirà a rispettale la giusta contrazione finale con adeguato scarico respiratorio; ed infine l'espressività, la sincronizzazione e l'applicazione, oltre alla comprensione della tecnica, risulteranno inficiate dall'imperfezione dell'azione tecnica.
La tecnica perfetta, così come prevista dal modello ottimale stabilito: ad esempio la postura kiba dachi: piedi paralleli a distanza di circa due volte la posizione di joj, con baricentro esattamente al centro della postura (peso 50% per ogni arto), bacino semi rotato in avanti, ecc., deve essere mantenuta e ripetuta eventualmente, sempre con le stesse qualità, distanze e modalità di esecuzione. La valutazione di questi aspetti ripetitivi non è sicuramente agevole.
Ogni contrazione finale deve intervenire nel momento esatto di completamento della tecnica e della postura, oltre che ovviamente dell'atto respiratorio.
La perfezione della tecnica deriva dallo studio sistematico dei fondamentali di base, dall'allenamento della mobilità articolare e delle varie abilità motorie che devono essere bagaglio scontato di ogni atleta agonista; i fondamentali di base ovviamente, devono essere perfettamente conosciuti anche al valutatore; meglio se dallo stesso praticati costantemente.
L'attuale regolamento arbitrale del kata, pur esprimendo la valutazione finale ad alzata di bandierina rossa o blu (aka o ao), presuppone una preventiva valutazione delle diverse prove di kata, con l'applicazione di griglie di valutazione numerica, dove la definizione della qualità è determinata dall'attribuzione di 20 decimi ripartiti tra i diversi criteri decisionali prima elencati. Tra questi parametri, la valutazione maggiore 0,5/10 su 20/10 è attribuita alla valutazione della tecnica e di seguito la potenza 0,4/10 ecc.
Con questo metodo di valutazione si è data una sorta di automaticità matematica alla valutazione, cercando di eliminare il più possibile le ingerenze personalistiche di valutazione del movimento osservato.
Rimangono tuttavia alcuni aspetti di applicazione di questo metodo che ne limitano la perfezione e l'esatta risultanza nelle costanti valutative. Per esempio consideriamo che in una competizione di kata un Giudice valuta 30 kata (15 coppie di contendenti), l'assoluta rispondenza del metodo richiederebbe la possibilità di stilare un'esatta classifica delle 30 esecuzioni in ordine di crescente o decrescente qualità. Ritengo che questo risulterebbe molto difficile e si realizzerebbe con una esatta suddivisione tra le migliori e le peggiori esecuzioni. Nella realtà appunto succede che i migliori proseguono mentre i peggiori si fermano, ma non sarebbe sicuramente configurabile un'esatta classifica di queste esecuzioni, seppur non richiesta.
Quindi a mio parere per rendere più efficace la valutazione della Tecnica e con essa di conseguenza gli altri parametri soggetti a valutazione, nell'ambito dell'esecuzione del kata, occorre introdurre nel regolamento arbitrale, elementi valutativi nuovi ed innovativi, tali da rendere più automatica ed immediata la valutazione arbitrale.
Elementi fondamentali su cui incentrare questa ricerca devono quindi essere:
7. avvicinamento all'uniformità delle performances da valutare
8. superamento del limite creato dalla differenziazione tra stili e varianti di scuola
9. decisione circa l'introduzione di regole più restrittive e precise o maggiore libertà di esecuzione
10. maggiore interazione nel corpo giudicante, specialmente nelle fasi iniziali della competizione, atta a creare un'immediata univocità di valutazioni
11. semplificazione, ove possibile, degli elementi valutativi esistenti
12. scarico, ove possibile, della responsabilità valutativa globale in capo ad ogni giudice, con attribuzione di aree valutative specifiche suddivise tra i componenti lo staff giudicante di tappeto
13. individuazione altri elementi sostitutivi o aggiuntivi.

7. ELEMENTI INNOVATIVI PER LA VALUTAZIONE ARBITRALE DELLA TECNICA

Come già più volte detto, l'attuale regolamento arbitrale è quanto di più completo si potesse produrre per la valutazione del kata ed in particolare della tecnica espressa dagli atleti in competizione. Abbiamo visto quali, a giudizio dello scrivente, siano le molteplici situazioni ed aspetti tecnici da valutare; varie sono anche le differenti qualità tecniche, moltiplicate dalla differenza di stili e scuole presenti nelle competizioni.
Quali elementi innovativi per aumentare la precisione della valutazione arbitrale della tecnica nell'esecuzione di kata e renderla più automatica ed efficace, possiamo valutare ed approfondire i seguenti aspetti:

avvicinamento all'uniformità delle performances da valutare: è facile dedurre che più sono simili le performances da valutare e maggiore è la possibilità di raffronto tra due esecuzioni dello stesso kata, con migliore visibilità della diversa valutazione attribuibile alle due prove dello stesso kata eseguito dai due atleti. Per ovviare la differenza tra stili (shito e shotokan wado e goju ) occorrerebbe suddividere i contendenti per stile ed i vincitori di ogni stile disputano semifinali e finali. Le problematiche di questa innovazione sarebbero legare però al numero di contendenti per stile, con eccessiva penalizzazione degli stili con maggiore partecipazione. Alternativa valida sarebbe quella di avere diversi campionati, uno per ciascun stile e classe (campionati italiano kata shito, shotokan, wado, goju) questo farebbe riavvicinare quegli atleti degli stili minori e meno valorizzati; quindi i primi quattro classificati per ogni stile disputerebbero la finale del Campionato Italiano kata interstile e come logica conseguenza, la classifica finale di quest'ultimo sarebbe a tutti gli effetti la graduatoria finale del Campionato Italiano Kata di quella classe. Ovviamente i contendenti, per ogni turno di prove dovrebbero eseguire lo stesso kata, diverso dai precedenti. La scelta dei kata da eseguire potrebbe essere obbligata e cioè imposta dal regolamento o a estrazione casuale da parte del team arbitrale prima dell'inizio della prova. Il kata di ogni prova successiva sarebbe comunque diverso da quello eseguito nel turno precedente. Questa sostanziale innovazione apporterebbe un metro di valutazione, sempre adottando il supporto dell'attuale regolamento, maggiormente uniforme dal punto di vista tecnico e quindi risulterebbe facilitata la valutazione tecnica dello stesso kata dello stesso stile e possibilmente con corpo arbitrale dello stesso stile dei contendenti.
superamento del limite creato dalla differenziazione tra stili e varianti di scuola: il limite tecnico rappresentato dalla differenziazione tra stili e varianti di scuola è spesso penalizzante per chi esegue queste varianti o per chi non le esegue. In altre parole per alcuni stili esistono e quindi sono permesse varianti di scuola (cioè tecniche differenziate rispetto alla classica struttura del kata) anche se spesso queste varianti, se sconosciute, potrebbero essere penalizzate, mentre per altri stili non ve ne sono e quindi esecuzioni non rispondenti al kata comunemente conosciuto potrebbero essere penalizzate. Inoltre è praticamente impossibile, da parte del corpo giudicante, la conoscenza di tutti i kata, di tutti gli stili e con tutte le varianti di scuola. La proposta più logica da avanzare è quella del completo superamento di questi limiti: libera interpretazione del kata eseguito che pur deve essere comunque completo, cioè contenere tutte le tecniche previste, anche se con la possibilità di poterle variare liberamente. Il kata dovrebbe risultare nella sua forma originale intera e le varianti, applicate con la massima libertà, dovrebbero andare a sostituire tecniche e/o posture dello stesso. Nessun taglio o aggiunta dovrebbe essere ammesso.
decisione circa l'introduzione di regole più restrittive e precise o maggiore libertà di esecuzione: logica conseguenza dell'analisi e delle proposte innovative che precedono, è la decisione circa l'applicazione rigida dei regolamenti e delle valutazioni arbitrali della tecnica o la maggiore o completa libertà di esecuzione. Quindi nel primo caso la valutazione tecnica dovrebbe richiedere l'esecuzione del kata classico senza nessuna variazione ed anzi procedere all'esatta scrittura delle tecniche da eseguirsi obbligatoriamente per ogni kata (in pratica tutte esecuzioni shitei), considerando la tecnica non rispondente una penalità aggiuntiva, oppure prevedere una maggiore libertà di esecuzione del kata (ovviamente senza amputarne parti o stravolgerne l'essenza). Il primo caso potrebbe essere penalizzante per lo spettacolo, il secondo per la tradizione. Entrambi però porterebbero ad una maggior chiarezza di valutazione ed uniformità di giudizio tecnico. La fase successiva sarebbe quella di eseguire soltanto kata di libera composizione o perlomeno limitare le primissime fasi del campionato all'esecuzione di kata shitei o tokui e dal terzo turno in avanti prevedere solo l'esecuzione di kata di libera composizione, superando in questo modo ogni schema prefissato ed ogni rigidità valutativa.
maggiore interazione nel corpo giudicante, specialmente nelle fasi iniziali della competizione, atta a creare un'immediata univocità di valutazioni: attualmente il corpo giudicante, non può, se non in determinate circostanze, consultarsi congiuntamente. L'introduzione della valutazione tecnica della coppia di esecuzioni in sessione congiunta, con l'emissione di verdetto finale da parte del solo giudice centrale, risulterebbe di maggior comprensione e non esporrebbe i singoli giudici a critiche, il più delle volte di parte, e sicuramente risulterebbe a questo punto meno contestabile da parte dello spettatore ignaro, di quello esperto e dei tecnici. Lato meno positivo sarebbe rappresentato dall'allungamento dei tempi di decisione e dall'ulteriore ritardo in caso di mancato accordo tra i giudici, quest'ultimo punto facilmente superabile con l'applicazione delle maggioranze, lasciando al giudice centrale (più anziano e quindi con maggiore esperienza) il compito di guida del corpo giudicante. Aspetti positivi di detta innovazione sarebbero molteplici, oltre ai predetti, l'analisi di tecniche non eseguite o sconosciute, la verifica di completezza di kata non conosciuti da parte di uno o più giudici, l'analisi di aspetti valutativi non tenuti in considerazione durante l'esecuzione di una o entrambe le prove, sensazione di perenne unanimità da parte del pubblico e quindi migliore comprensione della decisione.
semplificazione, ove possibile, degli elementi valutativi esistenti: la massa delle informazioni e degli elementi valutativi dei quali un giudice deve tener conto è cospicua e talvolta complessa, a questi và aggiunta, come prima accennato la diversa formazione del singolo giudice e la non contemporaneità della coppia di kata in esecuzione, quest'ultimo aspetto a mio parere favorisce leggermente o talvolta sfavorisce l'esecuzione del secondo kata, a seconda cioè se nella seconda esecuzione dell'incontro vi sono elementi particolarmente positivi o negativi che influenzino il giudizio arbitrale in via definitiva e che quindi precludano la possibilità di una valutazione complessiva delle due esecuzioni. Parlare di semplificazioni, laddove è presente una complessità quasi perfetta di regole ed aspetti valutativi specifici, è quantomeno azzardato, ma si potrebbe intendere come semplificazione, il predetto giudizio congiunto o l'esecuzione dello stesso kata per singolo turno o ancora la libera composizione dei kata in competizione. Elemento di semplificazione valutativa della tecnica dei kata in competizione potrebbe essere rappresentato dall'introduzione di votazioni automatiche, in altre parole, alla stregua delle votazione che prima avvenivano con l'alzata delle tabelle punteggio, espresse tramite un semplicissimo apparecchio elettronico che trasmetta le valutazioni del singolo giudice ad identico apparecchio posseduto dal giudice centrale, il quale verificato il punteggio più alto attribuito, assegna la vittoria ad uno o l'altro contendente, specialmente se dette valutazioni sono eseguite da ogni giudice per un unico elemento valutativo, come meglio espresso nel successivo capitolo.
scarico, ove possibile, della responsabilità valutativa globale in capo ad ogni giudice, con attribuzione di aree valutative specifiche suddivise tra i componenti lo staff giudicante di tappeto: come detto attualmente ogni singolo giudice esprime il giudizio complessivo della prova valutata, considerando i vari elementi valutativi: la tecnica, la potenza, il ritmo, l'espressività, il kime, la sincronizzazione e l'applicazione della tecnica stessa. Sicuramente il valutare l'insieme di detti elementi sommati tra di loro e per molteplici prove consecutive, non è propriamente semplice. Un'innovazione in tema di semplificazione valutativa ed anche un contributo ad una continuità valutativa anche per molteplici prove successive, potrebbe essere rappresentato da una diversa strutturazione del giudizio: team arbitrale composto da 5 giudici, ognuno dei quali, magari anche a rotazione, per assicurare una maggior imparzialità ed un ricambio culturale e formativo continuo, esprime una votazione (i soliti decimi previsti dall'attuale regolamento) ad esempio da 1 a 5 per la tecnica, per il solo parametro della tecnica, un altro giudice solo per la potenza ed il kime, un altro per il ritmo, il quarto giudice valuta soltanto l'espressività e del caso la sincronizzazione per i kata a squadre ed il quinto valuta unicamente l'applicazione della tecnica e l'equilibrio espressi. In questo caso ogni singolo giudice focalizza l'attenzione su uno o due elementi valutativi per le due prove in competizione, potendo così esprimere un giudizio più univoco e conseguente. La somma delle votazioni del gruppo giudicante rappresenterebbe una valutazione specifica per ogni singolo elemento e sancirebbe, per i diversi elementi di valutazione, la superiorità dell'uno o dell'altro contendente. Il giudice centrale dichiarerebbe quindi, al termine della seconda votazione, il vincitore, colui il quale ha avuto il punteggio complessivo più alto. Ogni giudice valuterebbe le due prove con una maggiore focalizzazione, tralasciando gli altri elementi valutativi demandati agli altri giudici. In questo caso, il giudizio complessivo, a mio parere, risulterebbe più specifico, più diretto e circostanziato per entrambe i contendenti. Vi sarebbe maggior comprensione della valutazione espressa e si annullerebbe la possibilità di confusione tra una prestazione e l'altra od il fissare elementi solo positivi o solo negativi della seconda prova. Contribuirebbe ad una maggior chiarezza valutativa complessiva per tutta la competizione, potendo determinare i valori vicini alla realtà delle diverse prove valutate. E' possibile che due kata siano stati eseguiti esprimendo un valore paritario, meno lo è il verificarsi di una parità identica su tutti gli elementi valutativi. La valutazione globale spesso si appiattisce solo su determinati aspetti che vengono meglio ricorda nel complesso variegato degli elementi, la valutazione focalizzata su uno o massimo due elementi, pur potendo eccezionalmente esprimere identiche risultanze tra due esecuzioni, induce a decidere quale delle due prestazioni contiene qualità identificative migliori, grazie appunto alla più esclusiva osservazione. La tecnica andrebbe, per ovvi motivi di specificità, complessità e prevalenza, valutata da un singolo giudice, suddividendo le altre con la relativa somma di decimi, agli altri giudici. Si potrebbe infine stabilire un diverso peso decimale per i diversi elementi valutativi: considerato che la tecnica condiziona decisamente tutti gli altri elementi valutativi, infatti in presenza di tecnica non appropriata ne risentono tutti gli altri elementi. I nuovo schema valutativo proposto sarebbe:

tecnica: valutazione da 1 a 8
ritmo: da 1 a 3
potenza: da 1 a 3
kime: da 1 a 3
espressività, applicazione, sincronia: da 1 a 3
8. CONCLUSIONI
Sulla base di quando esposto in precedenza, si può delineare una strutturazione innovativa delle regole arbitrali, tali da rendere più semplice ed omogenea la valutazione della tecnica nell'esecuzione del kata, una diversa strutturazione cioè, che renda più automatica possibile l'espressione dell'apprezzamento della tecnica, ma anche delle altre componenti la prova eseguita.
La proposta formulata prevede l'introduzione di nuovi elementi che a mio parere renderebbero più corretta la valutazione e maggiormente agevole l'applicazione delle regole attuali che rimarrebbero sostanzialmente invariate.
I nuovi elementi delineanti la nuova struttura valutativa della tecnica e non solo di questa vertono sulle seguenti nuove introduzioni:
obbligo di esecuzione dello stesso kata da parte dei contendenti per ogni turno eliminatorio: ad ogni turno di gara i contendenti sono chiamati ad eseguire il kata previsto dal primo turno di eliminatorie, i vincenti eseguiranno, per il turno successivo, il kata previsto per quel turno. Il regolamento arbitrale prevederà una lista di kata da eseguire per i turni previsti dalla gara e dalla classe in questione e questa lista di kata può essere determinata annualmente od addirittura per singola gara dalla commissione arbitrale o dalla commissione tecnica nazionale; ad esempio primo turno kata Bassai, secondo turno kata Empi e così via fino alle finali di poule e di seguito le finali primo e secondo posto dove si esegue una prova libera. Per i ripescaggi si segue lo stesso percorso, seguendo la lista dei kata prescritti e si esegue per la finale terzo e quinto posto il kata di libera composizione. Onde non stravolgere l'attuale organizzazione delle gare si propone di eseguire un unico campionato interstile chiarendo che per stesso kata ad ogni turno deve leggersi come stesso kata corrispondente in caso di stili differenti. L'alternativa più radicale sarebbe quella della suddivisione in campionati di stile per poi sfociare nel campionato interstile al quale accederebbero un certo numero proporzionale, in base alla partecipazione per ogni stile: ad esempio campionato stile shito 100 partecipanti, shotokan 80 partecipanti, wado 10 partecipanti e goju 5 partecipanti, l'accesso al campionato interstile potrebbe essere riservato ad 1 atleta ogni 5 partecipanti a ciascuno stile e risulterebbe quindi che 20 sarebbero gli atleti che accedono alla fase interstile per lo stile shito, 16 per lo stile shotokan, 2 per il wado ed 1 per lo stile goju. Anche in questo caso stesso kata per ogni turno con prova libera finale. Questo secondo metodo comporterebbe però una intensa attività organizzativa ed un pesante aggravio in termini di tempi di esecuzione del campionato o della gara in questione.
Massima libertà di esecuzione del kata in base a qualsiasi variante di scuola o addirittura di palestra: questo porterebbe alla valutazione del mero gesto atletico e non più del controllo di corretta esecuzione delle tecniche prescritte dal kata in questione, ma unicamente si valute renne la tecnica intrinseca con i crismi che la contraddistinguono per ogni stile praticato. Questo avvicinerebbe in effetti l'attività agonistica del kata a quella del kumite e al principio sancito per le fasi finali delle competizioni ed inerente l'esecuzione del kata di libera composizione. Quindi maggior libertà di espressione della tecnica. L'alternativa sarebbe l'introduzione del kata formale ed originale con la cancellazione totale delle varianti qualunque esse siano e quindi una esatta catalogazione ed identificazione dei singoli kata da eseguire con schemi fissi ed immutabili. Un sicuro irrigidimento, ma anche una più chiara indicazione valutativa; praticamente l'esecuzione di soli kata shitei.
Maggiore interazione del corpo giudicante; cioè l'introduzione del giudizio consultivo. I giudici comunicano tra di loro costantemente al termine delle due prove facendo comunque valere le maggioranze previste dall'attuale regolamento ed il solo giudice centrale assegna la vittoria ad aka o ad ao. Questo metodo consentirebbe una maggior segretezza del voto espresso e limiterebbe i tentativi intimidatori esterni. L'allungamento della fase giudicante potrebbe essere ovviato con l'introduzione di comunicazione tramite semplici strumenti elettronici in dotazione ad ogni giudice e comunicanti col giudice centrale. Questo aspetto della maggiore interazione è qui espresso, ma sarebbe superfluo con l'applicazione di uno o più degli elementi innovativi che precedono o che seguono.
Introduzione della responsabilità valutativa specifica in capo ad ogni giudice: la proposta prevede che agli attuali 5 giudici venga attribuita una ben determinata area valutativa. In altre parole ad esempio: al giudice 1 viene attribuita la valutazione della sola tecnica, al giudice 2 la valutazione della potenza e del kime al giudice 3 il ritmo, il quarto giudice valuta soltanto l'espressività e del caso la sincronizzazione per i kata a squadre ed il quinto valuta unicamente l'applicazione della tecnica e l'equilibrio espressi. La votazione avviene in decimi con l'ausilio di strumentazione elettronica in dotazione ad ogni singolo giudice e collegata ad un tabellone visibile al pubblico. La somma dei vari decimi attribuiti a ciascun giudice ed espressi elettronicamente, determina il punteggio più alto.
Introduzione di una nuova griglia di prestazione: dove si preveda appunto un maggio peso valutativo della tecnica e via via degli altri elementi:
1. tecnica: valutazione da 1 a 10
2. ritmo: da 1 a 5
3. potenza: da 1 a 5
4. kime: da 1 a 5
5. espressività, applicazione, sincronia: da 1 a 5
per un totale quindi di 30/30 da attribuire.
Le idee sopra esposte derivano da un logico tentativo di trovare valide soluzioni all'interno di un'attività come quella arbitrale, di estrema delicatezza , complessità e difficoltà interpretative. Tutte le proposte indicate contengono fattori positivi e negativi, facilitazioni ed inasprimenti che andrebbero valutati ed eventualmente approfonditi e laddove peggiorativi rispetto all'esistente, ricondotti a diversa formulazione.
L'adozione di una o più delle proposte esplicate, introdurrebbero elementi validi per una più efficace valutazione della tecnica in ambito delle competizioni di kata.

9. BIBLIOGRAFIA

  • Regolamento Arbitrale WKF
  • Regolamento Arbitrale Fijlkam
  • Ricerche internet






Torna ai contenuti